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L’era dell’IA: come stare al passo delle nuove tecnologie

La permeabilità che l’Intelligenza Artificiale ha nelle nostre vite, sia in ambiti privati che lavorativi, la eleva a tema all’ordine del giorno evidenziando le sue indubbie potenzialità e analizzandone i rischi di un utilizzo di massa. C’è però un aspetto che viene ancora trascurato: le implicazioni che questa tecnologia ha, o potrebbe avere, nei ruoli manageriali.

I limiti dell’Intelligenza Artificiale

L’intelligenza artificiale può risolvere molti problemi di calcolo, ma esistono molti altri problemi aziendali che non sa affrontare, anche dopo un lungo addestramento. Quello che serve in questi casi sono le competenze puramente umane di creatività, pensiero laterale e individuazione di collegamenti nascosti

Con queste parole Philip Hult, Presidente di EF Education First, l’azienda di istruzione privata più grande al mondo, ci permette di introdurre il paradosso di Moravec formulato per la prima volta nel 1988. Questo paradosso ci spiega che le macchine possono eccellere in compiti considerati difficili per gli esseri umani, mentre possono avere grandi difficoltà con compiti apparentemente semplici aprendo così a una riflessione sui ruoli manageriali: l’Intelligenza Artificiale è in grado di sostituire efficacemente le mansioni di un leader? Secondo Gartner non è corretto parlare di sostituzione: entro il 2030, l’80% del lavoro di un manager subirà un forte cambiamento ma non verrà sostituito dalla tecnologia, questo perché il ruolo del leader è complesso e integra hard skills e soft skills.

Innegabilmente un manager di rispetto deve apprendere le competenze necessarie a capire e sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie, ma la sola adozione non è un elemento differenziante. I leader presenti e futuri dovranno fare i conti con cambiamenti sempre più veloci e radicali e con nuove tecnologie sempre più democratiche, basti pensare che nessuna tecnologia fino ad ora si era mai diffusa a livello di utilizzo come l’Intelligenza Artificiale: Chat GPT ha raggiunto 100 milioni di utenti attivi mensili appena due mesi dopo il lancio diventando l'applicazione software a crescita più rapida di sempre.

Le soft skills hanno quindi la medesima importanza delle competenze specifiche e sono indispensabili per differenziarsi perchè sebbene l'IA possa analizzare i dati con una velocità e precisione superiori a quelle umane, la sua capacità di comprendere e rispondere alle emozioni e ai contesti sociali complessi è ancora molto limitata. Questi aspetti richiedono empatia, creatività, giudizio e capacità di adattamento, qualità che sono intrinsecamente umane e ancora difficili da replicare attraverso algoritmi.

Fattore tecnologico e umano: due facce della stessa medaglia

Per gestire al meglio l’introduzione delle nuove tecnologie servono modelli culturali e formativi adatti: un modello tuttora poco adottato ma particolarmente efficace quando si parla di apprendimento e applicazione di tecnologie come l’Intelligenza Artificiale è quello ideato negli anni ‘80 dal Center for Creative Leadership (CCL) e basato sull’apprendimento esperienziale. La sua applicazione prevede che la formazione, perchè risulti efficace, debba essere così suddivisa: per il 70% dovrebbe essere informale e supportata dall’esperienza, il 20% dovrebbe invece essere basato su coaching e mentoring personalizzato e solo il 10% su interventi formali e corsi strutturati. Questa strategia è adottata anche da Angelini Industries:

«Cerchiamo di muoverci sempre in anticipo quando emergono nuove tecnologie che prevediamo impatteranno i comportamenti, l’organizzazione e i modi di lavorare delle persone. Ci prendiamo il tempo (2-3 anni) perché esperti di dominio curiosi e aperti all’innovazione, coadiuvati dai tecnici che padroneggiano la tecnologia, sviluppino dei progetti pilota. L’obiettivo è verificarne vantaggi e applicazioni al nostro business e solo dopo, confermato l’impatto e consolidati gli applicativi, ne estendiamo l’uso a tutta la popolazione. Quindi mettiamo a disposizione pillole formative e supporto individuale (mentoring e coaching) da parte di chi ha già fatto pratica ed è diventato esperto».

Una strategia in grado di fornire le competenze adatte a tutti gli attori in gioco ma che necessita del supporto di una cultura aziendale in grado di supportare la repentina innovazione. Nel libro Smart Leadership Canvas di Filippo Poletti e Alberto Ferris, la leadership moderna viene descritta come un’arte “di cuore e cervello”, poche parole in grado di riassumere un significato importantissimo e già anticipato: bisogna andare oltre al mero fattore tecnologico. I leader sono coloro che dovrebbero farsi portatori di una cultura aziendale in grado di supportare la comprensione e l’adozione delle nuove tecnologie, sorge quindi spontaneo chiedersi quali siano le caratteristiche di un buon leader nel contesto attuale.

  • Fiducia (quanto basta): in un’epoca in cui lo spazio fisico dell’ufficio va sempre più deteriorandosi e in cui le tecnologie consentono un controllo sempre maggiore di ciò che una persona sta facendo è indispensabile fidarsi ma anche diffondere una cultura dell’innovazione che promuova un utilizzo etico e consapevole delle nuove modalità di lavoro e delle nuove tecnologie. 
  • Adattabilità: la velocità di adozione dell’Intelligenza Artificiale apre le porte di un’era che è destinata a viaggiare a velocità sempre maggiori. Un buon leader deve essere in grado di adattarsi e adattare le proprie strategie al cambiamento tecnologico ma non solo, deve circondarsi di persone altrettanto capaci di adattarsi a contesti in continua mutazione. Per fare tutto ciò deve rivolgere la propria attenzione verso le soft skills e al ruolo che rivestono nella costruzione di un profilo professionale: creatività, pensiero laterale, individuazione di collegamenti nascosti e problem solving.
  • Collaborazione: per approcciare in modo strategico il cambiamento è necessario che le organizzazioni passino da strutture gerarchiche a strutture a reti che permettono la distribuzione del processo decisionale. Questo non significa delegare il compito del leader ad altri o alla tecnologia ma collaborare per prendere decisioni grazie al supporto e alla valorizzazione delle competenze di ogni membro del team (Intelligenza Artificiale compresa).

I ruoli di leadership, come quelli di altre professioni, sono destinati ad accusare il colpo della diffusione delle nuove tecnologie ma non nel modo più scontato che siamo portati a pensare: siamo abituati a una narrazione dell’Intelligenza Artificiale basata sulla sostituzione uomo/macchina ma in questo caso, forse più che in altri, è più corretto parlare di cambiamento.

I leader di tutto il mondo per adattarsi strategicamente al nuovo contesto non potranno limitarsi ad apprendere competenze specifiche che consentiranno loro di sfruttare le potenzialità dell’IA nell’ottica di delegare a quest’ultima il ruolo decisionale ma dovranno altresì rivedere le loro priorità e orientarsi sempre di più a un modello di leadership in grado di sfruttare al massimo le capacità prettamente umane come empatia, creatività, giudizio e problem solving. Un cambio di mindset che mette in primo piano la collaborazione, l’adattabilità e la fiducia di tutti gli attori in gioco anche sfruttando modelli formativi come il “70-20-10”.

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