Age management: uno strumento indispensabile nell’era della multi-generazionalità
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L’innovazione tecnologica e l’emergere di nuove aspettative e punti di vista contribuiscono a un mutamento continuo del mondo del lavoro, una trasformazione che non accenna ad arrestarsi. Nonostante si discuta spesso del gap tra domanda e offerta, di nuovi assetti organizzativi e di flessibilità su più fronti, il tema della multi-generazionalità - la coesistenza di più generazioni in ambienti lavorativi e sociali - riceve meno attenzione.
Multi-generazionalità: dai Baby Boomers alla GenZ
È così che Bradley Schurman - esperto di andamenti demografici - descrive la situazione attuale. Un quadro in cui gli uffici diventano punti di incontro di ben quattro generazioni diverse: Baby Boomers, Generazione X, Millennials e GenZ. Una convivenza dettata dalla maggiore longevità, dal conseguente rinvio dell’età pensionabile e che porta con sé sfide e benefici.
Ogni generazione ha un bagaglio di valori, abitudini, strutture mentali, linguaggi e competenze che sono il diretto risultato del contesto sociale, economico e culturale in cui è nata e cresciuta. Il fenomeno della multi-generazionalità pone così le basi per un ricco scambio culturale intrinseco di grandi potenzialità, spesso sottovalutate o non completamente sfruttate. È quindi fondamentale per le aziende saper gestire queste diversità, facilitando una convivenza produttiva che promuova l'influenza reciproca senza generare conflitti.
Age-management: una questione di equilibrio
Comprendere come una determinata generazione vive il mondo del lavoro, quali sono le sue aspettative e le sue esigenze è indispensabile per favorire uno scambio efficace all’interno dell’azienda. Ecco le principali differenze:
- Baby Boomers: sono i professionisti entrati nel mondo del lavoro in pieno boom economico e ora in uscita, cresciuti nel mito del posto fisso e soliti a sacrificare l’equilibrio vita/lavoro prediligendo l’avanzamento di carriera. È la generazione meno insoddisfatta e più leale ma anche quella con più difficoltà legate alla digitalizzazione.
- Generazione X: cresciuta all’ombra dei Boomers, è caratterizzata da un forte desiderio di indipendenza. Gli appartenenti a questa generazione sono stakanovisti, ossessionati dalla carriera e dal pensiero che i loro sforzi non frutteranno mai quanto quelli dei loro genitori.
- Millennials: la generazione che ha vissuto in pieno il passaggio nell’era digitale, abbracciandone innovazioni e vantaggi. La prima generazione a cercare un buon equilibrio vita/lavoro prediligendo benefit, sviluppo delle competenze e flessibilità e anche la prima a dare molta importanza all’aspetto valoriale dell’azienda e del proprio datore di lavoro. È influenzata dall’eventuale scelta di costruire una famiglia e cerca condizioni di lavoro che supportino questo aspetto.
- Generazione Z: la prima generazione di comunità globale, che è cresciuta da subito con l’accesso immediato a qualsiasi cosa grazie a un semplice clic. Cerca ambienti di lavoro inclusivi e diversificati, dà priorità all'equilibrio vita/lavoro e alla salute mentale, alla flessibilità oraria e allo smart working. Il posto fisso non è nelle sue corde, così come le etichette che limitano l’esplorazione e il continuo aggiornamento, non ha problemi a lasciare un'azienda o un'attività che contrasta con i suoi valori.
In questo contesto, l’age-management risulta essere una componente fondamentale nella gestione della diversità e dell’inclusione all’interno delle aziende. Consiste in una serie di strategie e iniziative aziendali dedicate a valorizzare le competenze tecniche e le soft skills delle diverse generazioni presenti nel luogo di lavoro con l’obiettivo finale di arricchire il capitale umano e valorizzare ogni singolo lavoratore per potenziare complessivamente le prestazioni aziendali. Tra le strategie vincenti ci sono quelle del mentoring e del reverse mentoring:
- nel primo caso una figura senior affianca una junior in modo che il primo possa trasmettere le conoscenze apprese in anni di esperienza e introdurre il nuovo assunto alla cultura e alle dinamiche aziendali;
- nel caso del reverse mentoring avviene il contrario, ossia una figura junior affianca una senior. Questa modalità è particolarmente utile per accelerare l'adozione di nuove tecnologie e strategie digitali in un’ottica di transizione digitale.
Esistono casi celebri che validano il successo strategico di entrambi gli approcci. Nel campo del mentoring, un esempio emplebatico è sicuramente quello di Bill Gates. L’imprenditore, programmatore, informatico e filantropo statunitense ha dichiarato in più di un’occasione che parte del suo successo lo deve al suo mentore, il magnate Warren Buffet, grazie al quale ha imparato ad affrontare situazioni complesse e a sviluppare una visione a lungo termine. Per quanto riguarda il reverse mentoring, l’esempio più noto ha come protagonista General Electric (GE): l’azienda fu una delle prime ad abbracciare questo approccio nel 1999, quando il CEO Jack Welch, consapevole dell’importanza della digitalizzazione, comprese che il modo più efficace per guidare quel cambiamento era sfruttare le competenze dei dipendenti più giovani affiancandoli alle figure senior.
Gli approcci sopra esposti contribuiscono a un arricchimento reciproco e all'integrazione delle competenze e degli assetti mentali, condizioni fondamentali per un ambiente lavorativo inclusivo, dinamico e innovativo. Assieme a politiche di welfare e formazione continua personalizzate possono fare la differenza nel valorizzare le qualità e competenze di tutto il team promuovendo la collaborazione e la contaminazione di idee.